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La lezioncina di Padoan: nessuna speranza, nessuna prospettiva
di Saverio Collura
Dico subito che ero particolarmente curioso di leggere cosa e con chi il governo avrebbe replicato alle corpose considerazioni svolte da Paolo Mieli nel suo editoriale del 21 u.s.
Per quanto riguarda “Chi”, il compito è caduto sulle spalle del “povero” Padoan; e ciò ritengo essenzialmente per dovere di ufficio (la sua funzione di ministro dell’economia), più che per una convinta determinazione di poter efficacemente eccepire rispetto alla puntuale analisi del giornalista. Sul cosa, credo che si possa subito dire che, a mio parere, lo scritto del ministro appare del tutto appropriato se inteso come un’asettica lezioncina agli studenti del corso di economia; ma del tutto inconsistente se inteso come una puntualizzazione dei risultati conseguiti dal governo in carica. Risultando, la replica del ministro, sostanzialmente priva di una adeguata analisi, e soprattutto di una strutturata strategia politica-operativa;forse perché poco supportata da una efficace azione del governo stesso.
Da ottimo professore, quale egli è, Padoan afferma che il problema centrale dell’Italia è la necessità di una consistente crescita; se ciò avviene, diventa possibile un controllo efficace della dinamica del debito, del deficit; e nel contempo si aprono le prospettive per lo sviluppo occupazionale (Monsieur de La Palisse?). È questa “una profonda riflessione” che si riscontra in ogni manuale di politica economica. Il Professore continua osservando che i Paesi che hanno avuto risultati uguali (Finlandia, Francia), o migliori “hanno però registrato una recessione meno acuta, e più breve” dell’Italia; constatazione quest’ultima da perfetto docente universitario che analizza i fenomeni della società italiana. Anche noi infatti, ormai dal 2011, diciamo che il problema del nostro paese e che subisce gli effetti della crisi sistemica prima degli altri, con una virulenza maggiore, e ne esce (quando esce) dopo degli altri. E’ qui che ci sarebbe bisogno che il professore lasciasse il passo al ministro; è quest’ultimo ci dicesse perché ciò avviene (noi abbiamo dato una spiegazione con la tesi congressuale sulla competitività), e cosa avrebbe dovuto aver già fatto, o intende fare il governo per superare questo grave handicap dell’Italia. Ma il ministro non ci dice nemmeno perché dopo tre anni di politica economica del governo, il Paese torna ad avere nel secondo semestre dell’anno in corso una crescita zero; e ciò nonostante i tanto decantati provvedimenti varati dal governo; ed usufruendo nel contempo nel triennio di un’accelerazione di spesa (in deficit) per oltre 19 miliardi di euro, frutto della tanto agognata flessibilità consentita (unico Stato dell’aria euro ) dalla Commissione UE nella misura così consistente. In sostanza, a fronte di una manovra di bilancio in deficit aggiuntiva in questo triennio per circa 1,2 punti di Pil, siamo ancora ripiombati nella stagnazione; avendo nel contempo consumato risorse finanziarie che potevano essere utilmente impiegate per dare reale impulso al sistema economico del paese. Sulla base dei dati disponibili dobbiamo amaramente constatare che l’Italia resta ancora inchiodata per il 2016 alla misera crescita dello 0,7%; ed addirittura potrebbe scontare (previsione Confindustria) una crescita di solo +0,5% per l’anno prossimo. Se poi riflettiamo sul dato convergente indicato dai governatori della Banca d’Italia (Visco) e della Banca di Francia (Villeroy de Galhan) che l’introduzione del Quantitative easing ha comportato per i paesi dell’aria euro il beneficio di una crescita del Pil, stimabile su base annua tra 0,3%-0,5%, e valutiamo gli effetti positivi in atto collegati al basso costo del petrolio e delle materie prime in genere allora sorge immediato il dubbio che l’azione del governo italiano sia stata sostanzialmente sterile ai fini della crescita del pur ridotto +0,7% del Pil conseguibile nell’anno in corso. Il paese rimane ancora bloccato al tasso di crescita medio annuo del ventennio precedente (1995-2015) che è stato pari al +0,5%. Riepilogando, possiamo dire che nell’ultimo triennio l’Italia ha potuto contare su una quantità significativa di elementi positivi a supporto della crescita; ma che, contrariamente alla quasi totalità dei paesi dell’aria euro, non ha saputo, per l’inefficacia dell’azione del governo, massimizzare gli effetti sulla crescita del suo sistema economico. Il nostro ministro dell’economia nella sua replica al giornalista Paolo Mieli non ha voluto (potuto?) fornire le necessarie valutazioni dei gravi ritardi che attraversa il paese; né tanto meno indicare le cause de grave ritardo operativo del governo, facendone anche onesta ammenda. Lasciandoci così nel dubbio di trovarci in presenza di una guida del paese inconsistente, e forse inadeguata ad affrontare i problemi seri nei quali si dibatte l’Italia. Si presenta a breve (la prossima legge di stabilità 2017) l’opportunità per dare un segnale chiaro, efficace e significativo all’opinione pubblica nazionale, ai mercati ed alle strutture europee e mondiali che il governo ha compreso la lezione che ne deriva da questo primo inconsistente triennio di attività, e che intende ora mettere in atto un piano strategico-operativo che possa consentire una volta per tutte un percorso di risanamento durevole del Paese. Sperare non costa niente; se del caso saremo costretti a registrare l’ennesima delusione nell’operato di un governo che poteva rappresentare, e ancora oggi potrebbe farlo, l’avvio di una nuova fase politica dell’Italia.
Roma, 26 settembre 2016 |
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